Quando si parla di disturbi d’ansia spesso la prima cosa a cui si fa riferimento sono i sintomi fisici, quali palpitazioni, battito accelerato, mancanza di respiro, sudorazione, ecc. Vedi qui

Tuttavia una nuova prospettiva terapeutica permette di sovvertire il paradigma andando ad attribuire alle immagini mentali il ruolo di fattore scatenante.

Vediamo come.

L’ansia per come la conosciamo è un sintomo.

Sintomo significa letteralmente “manifestazione di uno stato patologico”. In altre parole essendo una manifestazione essa implica qualcosa che sta al di sotto dell’ansia stessa.

La terapia della gestalt ha fatto uso del concetto “unfinished business” o “gestalt aperte”, in riferimento a tutte quelle questioni irrisolte che ci portiamo dentro che possono creare stati ansiosi.

In molti casi, l’irrisolto è effettivamente causa del disturbo d’ansia.

 

Tuttavia esiste un modo per gestire l’ansia che va oltre la problematica concreta della gestalt aperta e che chiama in causa direttamente il modo in cui noi ci rapportiamo alle nostre immagini mentali interne.

Spesso infatti, e nella maggior parte dei casi, inconsciamente, siamo preda di immagini mentali anticipatorie. E’ chiaramente un meccanismo evoluzionistico che ci permette di prevedere il funzionamento del mondo. Ma come accade in certi casi con gli automatismi, lo stesso meccanismo si può inceppare.

Un esempio classico può essere dato da quando dobbiamo affrontare un cambiamento. In questa situazione tendiamo a sovrastimare gli effetti negativi delle esperienze future. In altre parole, davanti ad una situazione sconosciuta ed imprevedibile il nostro cervello produrrà delle immagini mentali di gran lunga più negative di quella che sarà poi la realtà.

 

Ma c’è di più.

 

In una ipotetica linea temporale costituita da passato, presente e futuro, le immagini ansiogene scatenanti sono ovviamente posizionate nel futuro (domani, tra un mese, tra dieci anni, ecc). Il valore di queste immagini è, seguendo anche la filosofia zen, pressocchè nullo. Inoltre, e probabilmente in modo ancora più rilevante, la peculiarità di queste immagini è data dall’impossibilità di poter agire in esse.

Come se fossimo al cinema, siamo solamente spettatori passivi delle catastrofi che la nostra mente proietta. Siamo impotenti.

Da un punto di vista terapeutico dunque è fondamentale rendere la persona consapevole della temporalità di questo meccanismo immaginativo insegnandole tecniche per tornare al presente. Il qui ed ora infatti è l’unico spazio della linea temporale in cui noi possiamo agire rispetto alle nostre immagini.

Perchè?

Perchè nel qui ed ora la realtà e le immagini coincidono e quindi ciò rende possibile usufruire di tutte le risorse e capacità di cui la persona dispone. La psicoterapia è un modo per rientrare in contatto con il tuo presente e vivere finalmente a pieno tutte le tue possibilità

 

 

Per approfondire:

Kelly McGonigal “Il lato positivo dello stress” (Giunti Psychometrics ,18 aprile 2018)

Daniel Kahneman “Pensieri lenti e pensieri veloci” (Mondadori, 1 ottobre 2020)